Free Tekno

Principio

I free party sono un’espressione culturale spontanea e trasversale. ’Utopia tekno è “qui e ora”, il momento psichedelico è realizzato nella visione, e non ha pretese di cambiamento del sistema che rifiuta. La festa è qui, adesso, e quando finisce, tutti a casa. La tekno crea la sua area di utopia, non cerca proseliti, non vuole la rivoluzione: la sua rivoluzione c’è già, e dura una notte (o sei).

Eppure lo è: il teknival, pur non volendolo essere programmaticamente, è una manifestazione antiproibizionista e una dimostrazione di democrazia diretta (o di pirateria sociale, a seconda dei punti di vista), dal momento che grazie alla volontà di una massa di persone, vengono fissate temporaneamente nuove leggi alla faccia del “sistema”.

Volendo dare etichette, il movimento tekno è senz’altro collocabile nell’area dell’anarchismo, ma è un anarchismo per nulla incazzato, mistico senza essere misticheggiante, individualista e collettivo insieme.

La festa

Un teknival si estende per qualche chilometro, con vari punti-chiave. Sostanzialmente si tratta di una vera e propria città artificiale: il progressivo collocamento di bancarelle, furgoni e auto forma le strade; i soundsystem più grossi fungono da piazze; i boschi punteggiati di tende e furgoni sono i sobborghi.

A vedere questi muri di casse alti quattro o cinque metri e lunghi trenta, non possono non venire in mente le economie di scala, spostate dall’industria manifatturiera alla tekno.

Quella del teknival è una microeconomia, che ricorda da vicino i suq nordafricani. Ovunque spuntano banchetti che vendono di tutto, dalle bottiglie d’acqua ai monili, dal cous-cous alle sostanze psicotrope. Alcuni offrono un singolo prodotto, come il banchetto della frutta, altri cambiano business con l’evolversi della festa: Marianna, trentadue anni, da Perugia, alle 19:30 vende hamburger; venderà speed alle 23:00 e caffè e buondì alle 8:00

Quella del teknival è una microeconomia, che ricorda da vicino i suq nordafricani. Ovunque spuntano banchetti che vendono di tutto, dalle bottiglie d’acqua ai monili, dal cous-cous alle sostanze psicotrope. Alcuni offrono un singolo prodotto, come il banchetto della frutta, altri cambiano business con l’evolversi della festa: Marianna, trentadue anni, da Perugia, alle 19:30 vende hamburger; venderà speed alle 23:00 e caffè e buondì alle 8:00

Non è scontato provare a spiegare le ragioni profonde di un evento del genere. C’è chi ha trovato un parallelo tra i battiti delle sound e quello del cuore di una madre, spiegando il rave come un ritorno al ventre. C’è chi ha voluto vedere nell’uso puramente edonistico della tecnologia una critica al sistema industriale capitalistico. C’è chi ci vede piuttosto un rifiuto del divertimento massificato e mercificato, e chi una ricerca del delirio ad ogni costo.

Consideriamo i seguenti elementi:

– L’impianto scenografico-rituale (cos’altro aspettarsi da francesi e italiani?), con officiante, fedeli in linee orizzontali, luce dall’abside e transubstanziazione (in questo caso psichedelica) al centro dell’arco temporale, ricalca pari pari quello di una messa (e il profilo di un soundsystem quello di una cattedrale gotica, o di un organo),

– L’idea del raduno notturno, che di fatto celebra il mistero della notte per arrivare al trionfo del mattino, è una costante in gran parte delle religioni pagane.

– I battiti ritmati (ce lo insegna tanto il voodoo quanto lo sciamanesimo siberiano) e la trance da essi indotta sono da tempo immemore mezzi per avvicinarsi al divino.

– Le sostanze psichedeliche (questo ce lo insegnano tanto lo sciamanesimo messicano quanto i misteri eleusini greci) sono la porta per comunicare col mondo della trascendenza.

– I grandi raduni amplificano la suggestione e aiutano a lasciare l’individualità terrena in favore di una collettività spiritualizzata.

– Attraverso la condivisione di un momento rituale si cerca una purificazione interiore (in questo caso dalle imposizioni e dai valori della società dei consumi) e una ridefinizione del sé.

La differenza sostanziale è che il rito non è più un mezzo ma si sovrappone allo scopo: tutto è declinato al presente. L’era dell’acquario dei figli dei fiori si è accoppiata col “no future” dei punk, ed ecco il risultato.

M A R C O A M O D E O